A Bastia la cerimonia del 99esimo anniversario della vittoria
[quads id=1] di Morena ZingalesBASTIA UMBRA – La guerra è brutta, cattiva e violenta. Grazie ai nostri bisnonni e nonni, noi oggi siamo liberi, liberi di respirare la libertà, quella libertà che all’epoca tardava ad arrivare. Per quella libertà in tanti si sacrificarono e molti morirono. Con queste parole è stato ricordato a Bastia Umbra il 4 novembre 1918.
La Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate è una giornata celebrativa nazionale italiana. Fu istituita nel 1919 per commemorare la vittoria italiana nella prima guerra mondiale. E’ festeggiata ogni 4 novembre, data dell’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti, con cui ci fu la resa dell’Impero austro-ungarico.
Oggi a Bastia Umbra è stata la giornata di ricordo. Si è svolta la cerimonia commemorativa del 99esimo anniversario della vittoria della guerra 1915–1918 e in memoria dei caduti di tutti le guerre. Autorità civili, religiose e Associazioni Combattentistiche e d’Arma hanno partecipato all’evento.
La giornata è cominciata nelle frazioni di Costano e Ospedalicchio e poi in centro a Bastia Umbra, prima in Via Roma e nella sede Municipale. A seguire il Corteo per rendere omaggio ai Caduti in Piazza Mazzini, con i bambini della classe 5 B della Scuola Don Bosco che hanno letto alcuni brani dedicati ai caduti delle guerre e cantato la Canzone del Piave, accompagnati da una chitarra. I parroci hanno impartito la benedizione religiosa. Il tutto scandito dalle dolci note della Banda musicale di Costano.
LA CANZONE DEL PIAVE
Il Piave mormorava,
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio;
l’esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera…
Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti!
S’udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell’onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero,
il Piave mormorò:
«Non passa lo straniero!»
Ma in una notte trista
si parlò di un fosco evento,
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento…
Ahi, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto,
poi che il nemico irruppe a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti!
S’udiva allor, dalle violate sponde,
sommesso e triste il mormorio de l’onde:
come un singhiozzo, in quell’autunno nero,
il Piave mormorò:
«Ritorna lo straniero!»
E ritornò il nemico;
per l’orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame…
Vedeva il piano aprico,
di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora…
«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti,
«Mai più il nemico faccia un passo avanti!»
Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combatteron l’onde…
Rosso di sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
«Indietro va’, straniero!»
Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento…
E la vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti…
Infranse, alfin, l’italico valore
le forche e l’armi dell’Impiccatore!
Sicure l’Alpi… Libere le sponde…
E tacque il Piave: si placaron l’onde…
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri!
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