Inchiesta Gesenu Perugia, le ragioni della Giustizia PERUGIA – Il triangolo delle “Bermude”, Ponte Rio, Pietramelina e Borgogiglione, sono queste le tre discariche del Perugino dove, in circa 130 pagine di ordinanza, la giustizia – con le indagini del Corpo forestale dello Stato e della Guardia di Finanza – ripercorre il tracciato degli illeciti nella gestione dei rifiuti. Traffico illecito di rifiuti e truffe, questi i capi di accusa dove Giuseppe Sassaroli sarebbe, secondo l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia, il “deus ex machina” del sodalizio delinquenziale.
Ravvisando l’esistenza di un sistema gestionale oramai consolidato, che doveva essere interrotto, il Giudice per le indagini preliminari, ha inteso con la sua ordinanza interrompere, di fatto, l’operatività gestionale del massimo dirigente della Gesenu. Pericolo di reiterazione del reato? Probabile, secondo la Giustizia. Anche perché, stando a quanto si apprende, la gravità dei reati, ripetuti nel tempo, era il presupposto di sostegno della stessa attività criminale.
Ci sono immagini nascoste, intercettazioni ambientali, telefoniche, prove fotografiche, una serie di elementi probanti e, per gli inquirenti, così schiaccianti da inchiodare il gruppo dei 14 e porre agli arresti il vertice. A dare un’idea del giro di soldi che gravitava attorno a questo losco giro ci sono i vari sequestri, Borgogiglione, con il suo bioreattore in testa, ma anche e soprattutto quello preventivo di 20,9 milioni di euro.
Secondo l’autorità giudiziaria derivanti dal reato di truffa aggravata ai danni di enti pubblici. Oltre 4 milioni, poi, per l’esattezza 4,3 sarebbe il cosiddetto “illecito profitto” della Trasimeno servizi ambientali. Intanto, ovvio, c’è da individuare un’area alternativa per la gestione dei rifiuti e su questo le Fiamme gialle di Perugia hanno spiegato che la Giustizia ha lasciato massimo 120 giorni per la individuazione della soluzione del problema.
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