Geomorfologo spiega fenomeno sorgenti scomparse dopo terremoto
Effetti sui circuiti idrologici ed idrogeologici indotti dalla sequenza sismica dell’italia centrale del 2016-2017
da Marco Materazzi, geologo, geomorfologo dell’Associazione Italiana
di Geomorfologia, docente Università di Camerino
In concomitanza di eventi sismici molto intensi, come quelli accaduti di recente, è abbastanza comune notare anomalie nel regime idrologico dei corsi d’acqua e/o nei livelli delle falde acquifere che alimentano le principali sorgenti spesso captate a scopo idropotabile.
Per quanto riguarda le acque sotterranee, nel corso dell’attuale sequenza sismica, già a seguito del sisma dello 24 agosto 2016, sono stati notati evidenti incrementi di portata di quasi tutte le sorgenti “profonde” (cioè alimentate dall’acquifero basale) nell’area epicentrale. Sorgenti come Pescara del Tronto, Capodacqua, Foce di Montemonaco, (per citarne alcune) alimentate dagli acquiferi dell’area dei Piani di Castelluccio e del Monte Vettore, o come la sorgente San Chiodo di Castelsantangelo sul Nera hanno infatti mostrato, nelle ore successive al sisma, aumenti di portata anche di molte decine di litri/secondo oltre che temporanee alterazioni del chimismo e sporadici aumenti di torbidità dell’acqua. Tali fenomeni, come detto, sono noti nella letteratura scientifica e sono stati osservati anche durante la sequenza sismica del 1997 a Colfiorito o a seguito del terremoto dell’Aquila del 2009. Principalmente interessano gli acquiferi profondi con effetti che spesso tendono a perdurare per molti mesi (3 anni nel caso delle sorgenti del massiccio del Gran Sasso) per poi ritornare lentamente alla normalità oppure, in alcuni casi, a rimanere perenni.
Le cause di tali variazioni, sebbene i meccanismi non siano ancora del tutto chiariti e varino da sito a sito, sono riconducibili essenzialmente a modificazioni dei circuiti delle acque sotterranee; abbastanza comune ad esempio è l’apertura di nuovi sistemi di fratture ma, ancor più comunemente, è l’aumento di permeabilità delle rocce come conseguenza di fenomeni di “ripulitura” delle fratture a seguito degli incrementi di pressione indotti dal sisma.
Differenti sono le conseguenze del sisma sulle sorgenti più piccole o più superficiali: non sono rare infatti testimonianze di sorgenti “scomparse” (come quella di Forca Canapine nell’ascolano, scomparsa dopo le scosse del 26 e 30 ottobre 2016 e che contribuiva con una portata di oltre 50 l/s all’approvvigionamento idrico dei comuni del Piceno) o, al contrario, di emergenze che, da anni non più attive, hanno ricominciato a funzionare. L’esempio sicuramente più impressionante è quello della sorgente del Torbidone, nel comune di Norcia che, scomparsa dopo il terremoto del 1979, ha ricominciato a funzionare dopo il 30 ottobre 2016con una portata che è andata via via aumentando fino a raggiungere, all’inizio di febbraio, circa 1650 l/s; attualmente la portata si è stabilizzata intorno ai 1000 l/s
Sorgente del Torbidone (Norcia), febbraio 2017: il continuo incremento di portata ha reso necessario ricreare ed ampliare il vecchio alveo “tombato” dopo il terremoto del 1979
Questi effetti sulle sorgenti rappresentano elementi di forte criticità per quanto riguarda la gestione delle risorse idriche. Oltre alle sorgenti scomparse, che renderanno necessario il reperimento di nuove fonti di approvvigionamento o ad un aumento nei volumi captati in quelle esistenti (con tutte le problematiche ambientali e normative connesse), ad aumenti di portata (a meno di complesse modificazioni dei circuiti sotterranei) corrisponderanno necessariamente diminuzioni nei tempi di residenza e di immagazzinamento della risorsa idrica: tutto ciò comporterà una seria riflessione sui piani di sfruttamento futuri.
Gli stessi meccanismi sono alla base dei fenomeni osservati lungo il fiume Nera in prossimità dell’abitato di Castelsantangelo dove il fiume, a seguito del sisma del 3 ottobre 2016 ha mostrato cospicui e repentini incrementi di portata (circa 7000 l/s alla fine di novembre 2016, più del doppio del normale regime) sicuramente non attribuibili alle precipitazioni e neanche al periodo stagionale, essendo solitamente in regime di magra in autunno. Contestualmente gli abitanti del luogo hanno anche riferito di allagamenti in prossimità del corso d’acqua e di venute di acqua dal sottosuolo.
Anche questo fenomeno sarebbe legato all’incremento di livello della falda acquifera che, presente poco al di sotto del piano campagna e direttamente collegata al corso d’acqua, tenderebbe a salire per effetto dell’aumento di pressione sopra descritto. Effetti simili, come per le sorgenti, sono stati osservati nelle nostre aree anche durante la sequenza sismica del 1997, nei tratti montani del fiume Topino o nel torrente Vigi (tributario del fiume Nera).
Sebbene non rilevati in tutti i tratti montani dei corsi d’acqua dell’area epicentrale, questi effetti sono potenzialmente pericolosi in quanto predispongono i corsi d’acqua a possibili fenomeni di esondazione in concomitantza di eventi meteorologici intensi o di repentini scioglimenti del manto nevoso durante la stagione invernale e primaverile.
Marco Materazzi, geologo, geomorfologo dell’Associazione Italiana di Geomorfologia, docente Università di Camerino, spiega il fenomeno delle sorgenti che non ci sono più dopo il terremoto nell’Italia Centrale.
“Molte sorgenti a seguito del terremoto sono scomparse – spiega l’esperto – non sappiamo se una concausa sia stata la siccità, ma sono situazioni che nei prossimi mesi sicuramente creeranno dei problemi.“
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