Due anni dal sisma a Norcia, Suor Caterina Corona è arrabbiata

del direttore, Marcello Migliosi
Due anni dal sisma a Norcia, Suor Caterina Corona è arrabbiata. “Questo terremoto può diventare un’opportunità per rinascere. San Benedetto ci indica la via. Egli ha saputo vivere in concretezza il Vangelo e la sua eredità spirituale e umana ci insegna che anche in questa nostra storia tragica si incarna la salvezza di Dio. Da qui la speranza che questa terra risorgerà più forte”. Sono le parole di Suor Caterina Corona, abadessa delle Benedettine di Norcia. Erano gli inizi di novembre 2016, il terribile sisma era passato qualche mese prima e la religiosa, come è giusto che sia, nutriva molta speranza nella rinascita della città di Norcia. La sua comunità, costituita da nove monache, è ospite del monastero Santa Lucia di Trevi.

“Qui siamo state benissimo – dice – e abbiamo potuto continuare la nostra attività monastica”. Suor Corona, però , dice che vuole tornare a Norcia con le sue consorelle.”Vogliamo tornare prima possible – annuncia – dobbiamo riorganizzarci a Norcia. Ci stanno attivando un container, da prima di Ferragosto i lavori sono fermi”.

E’ arrabbiata la Madre abadessa: “E’ inutile che ci dicono che noi siamo importanti, qualche diritto ce lo avremo no? E poi mi chiedono perché ti arrabbi. Dobbiamo ritornare a Norcia e poter continuare la nostra attività monastica”.

Che il container sarebbe stato sistemato a breve ce ne aveva parlato anche il sindaco Nicola Alemanno e l’assessore Giuseppina Perla in occasione della visita alle opere d’arte scampate alla furia del sisma, ma. a quanto pare e stando a quanto dice l’abadessa, non è ancora terminato.

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Un luogo religioso che, ovvio, non sarà il loro convento si sarà, una piccola cappella, ma il problema non è questo e ce lo spiega la Madre: “Sì, dovremo capire quale lavoro potremo sostenere e quale organizzazione poterci dare e gli ostacoli che incontreremo”.

La sostanza è che, se non le Monache non le si fanno tornare a Norcia – sono passati due anni – non riusciranno mai a riorganizzare la comunità in ruolo al lavoro che erano solite svolgere.

Prima del sisma le monache si occupavano anche delle tante famiglie di api che avevano, ora di quelle tante famiglie ne sono rimaste circa 30 (anche composte da 30 mila pia l’una). “Quello che potremmo fare – annuncia – è anche tornare ad occuparci delle nostre api”.

Come apicultore Madre Corona ha le idee chiare: “Amiamo che questi piccoli e laboriosi animali vivano nel modo più naturale possibile e no sono d’accordo con le tante tecniche artificiose che si applicano in questi tempi”.

La Religiosa, però, torna sulla questione del container: “Parlo – dice – prevalentemente con un tecnico. Ci dicono tutti di sì, ma poi tutto resta fermo”. E noi diciamo, in effetti in due anni si sarebbe potuto fare di più, o no?

In una recente intervista rilasciata a Repubblica, Suor Caterina si era lamentata delle burocrazia. Verissimo, lo abbiamo chiesto nell’immediato dopo sisma, nelle ore – anche frenetiche – che sono succedute alle scosse e nei giorni successivi, ai vari commissari, al sindaco ai rappresentati di Governo, a quelli del Parlamento, italiano ed europeo. Tutti ci assicurarono che la burocrazia non avrebbe “strangolato” la ricostruzione e invece niente. A due anni di distanza dal sisma, neanche le Monache benedettine di Sant’Antonio sono tornare nella città di Benedetto.

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