Perugia ha ricordato Luciano Uragano Gaucci intervista al figlio Riccardo
di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA – Correva il 7 novembre 1991. Per due miliardi e rotti di lire l’imprenditore romano Luciano Gaucci, aveva appena acquisito la maggioranza del pacchetto azionario del Perugia, allora in C1. Al cronista che lo intervistava e gli chiedeva se davvero, in tutta sincerità, la serie A non fosse una impresa impossibile, rispose: “Ogni volta che ho avviato una impresa mi hanno detto che appariva impossibile. Per mia fortuna ho raggiunto sempre il massimo che volevo ottenere. Pensi all’ippica.
Mi dicevano: “ti metti in un settore dove ci sono magnati del petrolio, sceicchi, teste coronate, ti stritoleranno… Dopo quattro anni avevo vinto l’Arco di Trionfo, a Parigi, il titolo di campione del mondo. E nella Roma, un anno dopo essere entrato vinsi da vicepresidente, lo scudetto.
Qualcuno adesso mi deriderà, ma io vi dico che sono venuto per vincere e che punto alla serie A”.
E, per due volte, l’impresa gli riuscì nel 1996 e nel 1998.
Portando in maglia biancorossa giocatori del calibro di Nakata, Rapajc e tre azzurri che conquistarono il mondiale, quali Grosso, Materazzi, Gattuso.
Oggi pomeriggio, nella Sala dei Notari – prima della messa celebrata nella cattedrale di San Lorenzo – la figura di Luciano “Uragano” Gaucci é stata ricordata con interventi di Gianfranco Ricci, Mimmi Mazzetti, Palmiero Ciabatta e tanti altri e con un filmato, davvero interessante, coinvolgente e suggestivo, di Pasquale Punzi (Teleumbria-Retesole). Tra i presenti un ex dirigente come Carlo Lancella e tanti tifosi oltre agli assessori Leonardo Varasano e Clara Pastorelli.
Lucianone ha amato molto Perugia e molto si é speso, emotivamente ed economicamente, almeno fino ad un certo punto. La sua più bella vittoria – confessava – fu l’1-0 sulla Juventus, gol di Calori che regalò lo scudetto alla Lazio con grave scorno bianconero.
“Bella perché meritata. Abbiamo fatto – rimarcò al fischio finale – il nostro dovere. I giocatori bianconeri mi hanno gridar “b…o”, ma io non ci ho fatto caso. Ricordo solo che quando loro hanno vinto con noi, io non li ho mai ingiuriati…”
Un’altro successo che ricordava volentieri quello sull’Ancona (rete di Bothroyd) che lui definì “La vittoria della giustizia”. L'”era Gaucci” non é stata tutta rose e fiori. Si sono miscelate miserie e nobiltà, salite e cadute, gioie e dolori. Come succede nella vita. La sua rovina l’attribuiva ai “poteri forti” cui aveva cercato di ribellarsi, che gli avrebbero fatto pagare l’idea di formare una serie di società satellite: la Viterbese, la Sambenedettese, il Catania. E di aver persino tentato di acquisire il Napoli.
La sua parte non mancò: per coprire i debiti, reclamati da una banca, di una delle sue aziende, girò i 40 miliardi appena incassati dalla Roma per la cessione di Nakata. E subì un processo penale, che lo spinse a fuggire latitante a Santo Domingo.
Lui, però, si é sempre ritenuto fortunato. E teneva sempre a portata di mano un “gufetto” anti-jella. Alcuni colpi favorevoli dalla sorte li ha avuti: una vincita al Superenalotto (due miliardi e ottocento milioni, incassati a metà con la compagna del tempo, Elisabetta) ed una al Totocalcio.
Rivelò: “Avevo vent’anni. Giocai la schedina e vinsi tredici milioni (nel 1958, una cifra notevolissima, ndr). Non lo dissi a nessuno in casa e li investii per il futuro… ”
Di certo “Uragano” ha dato tantissimo alla storia della Perugia calcistica e del Grifo. Esibizionista ma pure generoso, collerico, persino isterico, talvolta, ma anche disponibile e cortese. Tutti ricordano – perché rimbalzato su tutte le televisioni anche nazionali – lo scontro verbale, per nulla elegante (da parte di entrambi) tra “Uragano” e Vincenzo Matarrese, presidente del Bari, dopo una vittoria poco limpida al Curi dei pugliesi.
Oppure il pianto all’uscita di Coverciano dopo il processo sportivo, o ancora le lacrime di rabbia e le frasi stizzite sotto la curva Nord che lo contestava.
Pochi rammentano che si impegnò non poco e di persona con luminari romani per aiutare un giornalista perugino colpito da una gravissima malattia. Oppure il suo contributo “molto significativo” ad una associazione per la lotta contro il cancro. I ritiri punitivi dei giocatori? certo: rappresentavano una sua cifra.
Ma quando gli regalano soddisfazioni, era pronto a regalare doni costosi ai suoi ragazzi.
Ingaggiò Saadi El Gheddafi, su suggerimento, di Luciano Moggi.
E attirò su di sé e sul Perugia l’attenzione del mondo intero. Poi la scandalizzo quando,in sud coreano Ahn segnò all’Italia e la cacciò fuori dal mondiale. “Lo licenzio!”, sbottò. E così avvenne.
Confidò una volta di aver trovato al ristorante un gruppo – una quindicina – di prelati, monsignori e persino cardinali e lui pagò al gestore il conto di quella tavolata. Tra i cardinali che andarono al suo tavolo a ringraziarlo Angelini (divenuto poi suo amico) e un tedesco allora poco conosciuto: Joseph Ratzinger, divenuto anni dopo papa Benedetto XVI.
Era partito dal nulla, Gaucci, nato in via Columella (e non sapeva chi fosse), terzo di quattro figli. Prima gestore di una trattoria, quindi autista dell’Atac (conduceva un mezzo della linea 8), infine, per concorso, impiegato della stessa azienda di trasporto.
Dopo aver sposato Veronica Del Bono, rilevò la ditta di pulizie del suocero (La Candida, con 24 dipendenti) e la ribattezzò “La Milanese” (che arrivò a dar lavoro a più di tremila dipendenti). Dopo il divorzio, Luciano ha avuto cinque donne e altri quattro figli (due femmine e due maschi). Con l’ultima, la domenicana Yayaira si é sposato, nonostante la diversità di età (42 anni) e lei lo ha accudito, con amorosa attenzione, fino all’ultimo della devastante malattia.
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