Anche perché nelle ultime ore si sono registrati movimenti significativi e speculari: tanto il forno del centrodestra sembra raffreddarsi quanto quello col Partito democratico pare aumentare la temperatura.
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Come potrà procedere, dunque, Casellati? Le direttrici sono tre, e potrebbero essere imboccate anche contemporaneamente. La prima, come si spiegava, è sciogliere i nodi e prendere tempo. Mattarella non ha alcuna intenzione di tornare al voto a giugno e dunque il primo obiettivo è chiudere la pericolosa finestra dei primi di maggio, quella dopo la quale sarebbe tecnicamente impossibile indire nuove elezioni. Passando quella scadenza verrebbe disinnescata anche una certa quota di minacce e ricatti reciproci.
Il tempo sarà però utile anche al famoso (e ormai stucchevole) gioco dei forni: se davvero uno sta per chiudersi e l’altro per aprirsi, occorre accompagnare M5S e Pd verso questa strada. Ma Casellati è berlusconiana di ferro, e dunque è probabile che il primo e più forte passaggio che le toccherà sarà, sempre che ci riesca alla luce dell’incarico che riveste, pressare Berlusconi verso un passo indietro. O almeno di lato. Non tanto da trattare lei stessa per conto di Forza Italia ma certo persuadendo l’ex cav. a un via libera a Matteo Salvini per un governo grilloleghista con l’appoggio esterno dei forzisti. Ficcando in ghiacciaia la presunta alleanza di centrodestra. Impresa titanica, visto il Berlusconi degli ultimi giorni, scatenato nella sua campagna elettorale per le regionali soprattutto in Molise.
Mossa saggia, certo, ma non c’è da attendersi troppo. Casellati terrà dei colloqui a palazzo Giustiniani, qualcosa di simile sebbene di più informale rispetto a quanto avvenuto al Colle, e probabilmente ai primi della prossima settimana riferirà a Mattarella. Se ci saranno novità, il presidente assegnerà un preincarico. Se non ce ne saranno, farà lo stesso. Al capo dello Stato non rimarrà infatti che assegnare un compito a quel punto politico a uno dei due leader, Di Maio o Salvini, che per come sono messe saranno piuttosto restii ad accettarlo per non bruciarsi alle camere. Così fosse, non rimarrebbe che un “governo di tutti” dove M5S e Pd potrebbero trovare un accordo sotto il nome di una personalità di alto profilo, una sorta di erede di Stefano Rodotà.
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